Shippeitarō

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"Shippeitarō è un cane forte e bellissimo". — dallo Shippeitarō della signora T. H. James's (1888), illustrato da Suzuki Munesaburo.

Shippeitarō o Shippei Tarō (しっぺい太郎, 竹篦太郎, 悉平太郎, 執柄太郎?) è il nome di un cane aiutante in un'omonima fiaba giapponese. Le varianti del nome possono essere molteplici, mentre in alcune sembrerebbe non avere affatto un nome. Tra queste varianti sono degne di nota Suppeitarō, Suppetarō e Hayatarō, quest'ultimo associato a una leggenda riguardante il tempio Kōzenji di Shinano.

La versione più diffusa del racconto narra che lo spirito della montagna e i suoi servi richiedono un sacrificio umano annuale di una fanciulla del villaggio locale. Un giovane guerriero ascolta gli spiriti suggerendo che il loro potenziale flagello poteva essere solo un certo "Shippeitarō", che si rivela essere un cane. Così, questo cane viene sostituito alla fanciulla, venendo posto all'interno del contenitore sacrificale. Quando arrivano gli spiriti, il guerriero e il cane li attaccano e li sconfiggono, salvando il villaggio.

Traduzioni

Le traduzioni giunte in Occidente comprendono le due versioni inglesi, le quali condividono la stessa trama e sono entrambe intitolate Schippeitaro, secondo la dizione tedesca. La prima è presente nel Violet Fairy Book di Andrew Lang (1901) ed è tratta dalla raccolta Japanische Märchen und Sagen (Lipsia, 1885) del professor David Brauns, mentre la seconda fu redatta dalla sig.ra James (1888) per il numero 17 della rivista Japanese Fairy Tale Series, stampata da Hasegawa Takejiro, che pubblicò diversi chirimen-bon (libri di carta crespa).

Trama

Di seguito è riportato il riassunto della versione di Lang-James:

Un giovane guerriero vagava in cerca di avventure e una notte si rifugiò in una foresta incantata, dormendo presso un santuario. Verso mezzanotte fu svegliato da versi di gatti feroci, che ballavano e urlavano e alcuni dicevano: «Non dire Shippeitarō!». Alzatosi, si mise in cammino, venendo attirato dal pianto e dalle richieste di aiuto di una voce femminile, che lo portarono in un villaggio dove gli fu detto che ogni anno dovevano sacrificare una fanciulla allo spirito della montagna. La ragazza era stata messa in una gabbia[1], che doveva esser posta nel santuario nella foresta. Poi il giovane chiese informazioni riguardo a Shippeitarō, scoprendo che si trattava del cane del reggente per conto del principe,[2] il quale viveva nelle vicinanze. Il guerriero visitò il funzionario e lo persuase a prestargli il cane. Poi sostituì la fanciulla della gabbia con Shippeitarō, che venne trasportato al santuario. Giunta la notte i gatti si recarono al santuario guidati da un enorme esemplare nero, il quale spalancò la gabbia facendo saltar fuori Shippeitarō che lo uccise. A quel punto anche il giovane guerriero saltò fuori dal proprio nascondiglio e insieme al cane uccise tutti i demoni che non avevano fatto in tempo a fuggire. Al mattino il guerriero riportò Shippeitarō dal suo padrone e da quel momento ogni anno si tenne una festa in onore del prode guerriero e del valoroso Shippeitarō.[2]

Varianti

La versione di Lang-James, che presenta i gatti come antagonisti, non è l'unica. In altre versioni gli spiriti maligni hanno forma di ratto, lepre, tasso, volpe, cane procione (mujina, tanuki) o ancora di kappa. In realtà, queste sono atipiche, poiché la norma di questo genere di racconti prevede che gli spiriti maligni abbiano l'aspetto di scimmie (o babbuini). Infatti, è stata avanzata l'ipotesi che i racconti sulla Divinità Scimmia conservati nelle antologie medievali Konjaku Monogatarishū e Uji Shūi Monogatari[3][4] siano le fonti originali delle versioni diffuse oralmente.

Un esempio è la versione in cui un sacerdote sconfigge degli orchi, i cui resti sono identici a quelli di scimmie morte, sostituendo la fanciulla sacrificale all'interno della cesta con il cane Shippeitarō, trovato nella lontana città di Nagahama, nella provincia di Ōmi.

Questa versione è il racconto Shippei Tarō presente nell'antologia di Keigo Seki[5], il quale realizzò una lunga raccolta di variazioni che al 1978[6] restituiva un elenco provvisorio di 67 esempi. Questa raccolta non risulta minimamente esaustiva nel descrivere le reali dimensioni del fenomeno, anche includendo i racconti in cui il cane aiutante non compariva affatto.

Nelle diverse varianti il cane può avere un nome o meno e nei casi in cui ce l'ha, non è del tutto coerente. La casistica include leggere varianti di "Shippeitarō", come "Suppeitarō" o "Suppetarō" (すっぺい太郎, 素平太郎, すっぺ太郎?), letture alternative ("Takeberatarō") o nomi del tutto diversi, come "Hayatarō" (早太郎|早太郎?) o "Heibōtarō" (へいぼう太郎, 兵坊太郎?). Inoltre può essere specificata la provenienza del cane, tra le quali si riscontrano le province di Ōmi o di Tanba e il tempio Kōzenji di tempio nella provincia di Shinano.

Secondo il folclorista Etō, il nome "Shippeitarō" tende a ricorrere nei pressi della provincia di Tōtomi, nell'attuale prefettura di Shizuoka, mentre la variante "Hayatarō" è concentrata nella provincia di Shinano, nella prefettura di Nagano. È stato messo in evidenza che nel dialetto di Shinano il termine haibō (?, ハイ坊) indicava il cucciolo del lupo, pertanto da questa parola potrebbe derivare il nome "Heibōtarō" e "Hayatarō" potrebbe essere una corruzione di quest'ultimo.

Antichi libri stampati

Shippeitarō esce dalla cesta scatola e distrugge i lupi. — dallo Zōho Shippeitarō (1796), stampato da un disegno di Toyokuni.

Esiste anche un libro stampato di tipo kibyōshi del periodo Edo, lo Zōho Shippeitarō (1796) che significa "versione espansa", scritto da Nansenshō Somahito (南杣笑そまひと?) e illustrato dall'artista ukiyo-e Toyokuni. Questo libro mostra gli spiriti, aventi la forma di scimmia, lepre, lupo, volpe, tanuki e kappa, che divorano il sacrificio umano e infine la scena culminante, che raffigura Shippeitarō mentre sconfigge gli spiriti in forma di lupo.

Precursori

Nell'antologie medievali Konjaku Monogatarishū, nella quale è intitolato "Come nella provincia di Mimasaka un dio fu intrappolato da un cacciatore e il sacrificio umano venne fermato", e Uji shūi Monogatari ricorre una storia simile di una divinità scimmiesca che esige un sacrificio.[3][4] I racconti di Shippeitarō sono stati considerati versioni trasmesse oralmente di questo prototipo medievale.

Tipologia di racconto

Negli studi sul folclore giapponese, il racconto popolare di Shippeitarō è classificato sotto la variante "Uccidere il Demone Scimmia" (猿神|猿神退治?, Sarugami taiji) del Tipo 91, secondo quanto indicato in un articolo di Keigo Seki.[7] Questo gruppo di racconti è molto ampio e include racconti in cui il cane aiutante non compare affatto. Nella classificazione Aarne-Thompson, il racconto è classificato come tipo "Ammazza draghi", AT300.

Poiché la storia si conclude con l'abolizione della pratica del sacrificio umano, è possibile tracciare un parallelo con la leggenda di San Giorgio e il drago, inoltre sono presenti alcune somiglianze anche con la storia di Susanoo che salva Kushinadahime dal grande serpente Yamata no Orochi.

Note

  1. ^ Secondo altre versioni in una botte o in una cesta.
  2. ^ a b It reads "the head man of our Prince", in Mrs. James's text.
  3. ^ a b (EN) S.W. Jones, Ages Ago: Thirty-Seven Tales from the Konjaku Monogatari Collection, 1959.
  4. ^ a b (EN) Michelle Osterfeld Li, Ambiguous Bodies, 2009, ISBN 978-0-8047-7106-1.
  5. ^ Keigo Seki, Folktales of Japan, traduzione di Robert J. Adams, Ishinomaki, 1963.
  6. ^ Keigo Seki, Nihon mukashibanashi taisei, Ishinomaki, 1978.
  7. ^ The tale group Sarugami taiji is assigned Seki No. 256 (NMBS = Nihon mukashibanashi shūsei II; NMBT=taisei.) in Japanese scholarship.

Bibliografia

  • Susanne Andrea Anderson, Legends of holy men of early Japan, in Monumenta Serica, vol. 28, 1969, pp. 258–320, DOI:10.1080/02549948.1969.11731071.
  • (DE) David Brauns (a cura di), Schippeitaro, in Japanische Märchen und Sagen, Leipzig, Wilhelm Friedrich, 1885, pp. 50–53.
  • (JA) Jun Etō, Inu [犬], Nihon no meizuihitsu 76, Sakuhinsha, 1989, pp. 184–189, ISBN 978-4-87893-976-1.
  • (JA) Jun'ichi Ikegami, Konjaku monogatari no sekai: chūsei no akebono [「今昔物語集」の世界: 中世のあけぼの], Tsukuma Shobo, 1983.
  • (JA) Jun'ichi Ikegami, Konjaku/Sangoku monogatari no sekai [今昔・三国伝記の世界], vol. 3, Izumi Shoin, 2008, ISBN 978-4-7576-0443-8.
  • Mrs. T. H. James, Schippeitaro (PDF), Suzuki Munesaburo (illustr.), Japanese Fairy Tale Series, n. 17, Kobunsha, 1888. URL consultato il 1º novembre 2020 (archiviato dall'url originale il 18 gennaio 2013).
  • Mrs. T. H. James, Schippeitaro, Suzuki Munesaburo (illustr.), Japanese Fairy Tale Series, n. 17, Kobunsha, 1889 [1888].
  • (JA) Koichiro Kobayashi, Chirimenbon Shippeitaro ni arawareru Odoru Neko [Dancing cats evident in the chirimen-book Shippeitaro] (PDF), Institute for the Study of Japanese Folk Culture Kanagawa University (Research Center for Nonwritten Cultural Materials), 2012. URL consultato il 1º novembre 2020 (archiviato dall'url originale il 10 agosto 2017).
  • E. K. Murray, The Whispering Cats, in The New Merry-go-round, vol. 2, n. 12, 1925, pp. 453–454.
  • (JA) Somahito 南杣笑そまひと Nansenshō, Zōho Shippeitarō [増補執柄太郎], Utagawa Toyokuni I (illstr.), 1796. Si veda Waseda Univ. collection, su wul.waseda.ac.jp.
  • Andrew Lang (a cura di), Schippeitaro, in The Violet Fairy Book, New York and Bombay, Longmans, Green, 1901, pp. 36–40.
  • Keigo Seki (a cura di), Shippei Taro, in Folktales of Japan, Robert J. Adams (tr.), University of Chicago Press, 1963, pp. 33–36.
  • Keigo Seki, Types of Japanese Folktales (PDF), Society for Asian Folklore, 1966, pp. 52–.
  • Frederic Alan Sharf, Takejiro Hasegawa: Meiji Japan's Preeminent Publisher of Wood-block-illustrated Crepe-paper Books, Peabody Essex Museum Collections, vol. 130, Salem, Peabody Essex Museum, 1994.
  • Robert Smith, On Certain Tales of the 'Konjaku Monogatari' as Reflections of Japanese Folk Religion (PDF), in Asian Folklore Studies, vol. 25, Nanzan University, 1966, pp. 227-229, DOI:10.2307/1177479, JSTOR 1177479.
  • (JA) Mamoru Taguchi, Kyōdo minwa 'Shippeitarō' to 'Konjaku monogatari' 'Uji shūi monogatari' [Local folktale Shippeitaro and Kojaku Monogatari, Uji Shui Monogatari -- for stimulating 'classics' instruction in high school], in Bulletin of the Faculty of Education, Ibaraki University, n. 36, 1987, pp. 1–7.

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